11 luglio 2007 - Pensioni, scalone e politica.
L'altra sera stavo guardando il telegiornale, e come al solito parlavano di pensioni, di tensioni nel governo, di scalini e scalone. Senza accorgermente, mi sono girato sbuffando ed alzando le spalle. Mi moglie ha visto questo mio movimento di stizza e mi ha detto: "Ma non pensi che la questione ci riguardi tutti? Non ti sembra importante l'argomento pensioni?".
La sua osservazione mi ha costretto a fare mente locale, a mettere a fuoco i miei pensieri, a cercare di capire il perchè di questo mio moto di stizza.
Mi picco di essere un osservatore appassionato della politica. Sostengo, da sempre, la necessità come dovere sociale di seguire la politica, che è quella che, nel bene o nel male regola le nostre vite. Tutto quel che ci circonda è frutto di decisioni politiche. I campi coltivati, la scuola dei nostri figli, gli ospedali, le strade, le pensioni, i treni. Rinunciare ad occuparsi di politica vuol dire rinunciare a capire i meccanismi che regolano le nostre vite. Non dico che su questi meccanismi si possa incidere, perchè per noi gente comune l'unica arma, ormai spuntata, è quella del voto. Soprattutto da quando ci hanno tolto la possibilità di scegliere il candidato per cui votare. Ma per lo meno possiamo capire, parlare, discutere, organizzare nel nostro piccolo il consenso o il dissenso.
E allora, da cosa nasce questo disinteresse per un argomento che, a 54 anni e senza ricchezze da parte, dovrebbe interessarmi moltissimo?
Il fatto è che da qualche tempo ho la sensazione che le grandi discussioni politiche siano fumo. Non in assoluto, ma relativamente al momento in cui viviamo. E' come, sul titanic che affonda, preoccuparsi per la cottura della bistecca. La vuoi ben cotta o al sangue?
La coperta è corta. Se aumentano le pensioni, se diminuiscono lo scalone, servono risorse. Le troveranno, ad esempio, togliendole alla sanità, o alla scuola. O ritardando il finanziamento delle opere pubbliche. O aumentando le tasse ai lavoratori o agli industriali. In ogni caso, quel che danno con una mano, lo tolgono con l'altra. Certo, ci dicono, si può sempre recuperare l'evasione fiscale. Ma ci vogliono energie politiche per farlo. E la nostra classe politica non brilla per energia. Tutta, da qualsiasi parte.
Se mi aumentano la pensione, ma quando vado in ospedale non trovo le strutture adeguate, a che mi serve? E se mio figlio non trova lavoro, a che mi serve? E se mi aumentano la benzina, a che mi serve?
E allora la risposta è che dobbiamo trovare le risorse. Dobbiamo migliorare l'efficienza del sistema Italia. Per finanziare lo stato sociale e la ripresa, occorre che finalmente la macchina politica e pubblica inizi a marciare in modo efficiente. Occorre che (unica cosa che mi piaceva nel programma di Berlusconi) vengano semplificate le leggi, le imposte, la burocrazia. A quanti punti percentuali di riduzione fiscale corrisponderebbe una reale riduzione del carico burocratico e legislativo? Quali risparmi avrebbe l'imprenditoria se dovesse confrontarsi, a parità di peso fiscale, con meno leggi e meno adempimenti burocratici? Dobbiamo diminuire i costi della politica. Elminare tutte quelle società statali o miste che servono a dare ricche ed inutili posizioni a politici decotti. Dobbiamo eliminare le migliaia di fasulli consigli di amministrazione. Dobbiamo mettere nei posti chiave manager competenti che abbiano stipendi decorosi, ma non stellari. E commisurati ai risultati.
Sembrano i soliti discorsi che oggi vengono definiti "qualunquisti" e "antipolitici". Ma a me invece pare che si tratti di desiderio di poter tornare a parlare davvero di politica. Oggi non si può, perchè tutto ci sta crollando addosso.
Nel momento in cui qualsiasi opera pubblica costa almeno il doppio, ma anche il triplo o più rispetto agli altri paesi europei, è facile capire dove vanno a finire le risorse che poi mancano per le pensioni e per la sanità e la scuola e tutto il resto. Nel momento in cui tutto quel che è "politica", in italia costa incredibilmente di più rispetto agli altri paesi europei, come speriamo di poter risollevare la testa, di poter diminuire l'età della pensione o di aumentare le risorse per la scuola e la ricerca?
Ci dicono che, con l'aumentare della vita media, dobbiamo anche aumentare l'età pensionabile. Non nego una certa astratta validità a questi ragionamenti. Ma il costo di un anno in più o in meno delle nostre pensioni è una goccia d'acqua se confrontato al mare degli sprechi, della corruzione, dei costi assurdi della politica.
La domanda, banalmente, è questa: e' davvero inevitabile tutto questo? Dobbiamo, davvero e per forza, accettare questi costi assurdi? E' davvero ineluttabile tutto ciò? Quando parlo con la gente intorno a me, tutti sembrano rassegnati. Tutti mi guardano come si guarda un povero illuso. Ma io ritengo davvero assurdo il fatto che a me si debba chiedere, ad esempio, di andare in pensione qualche anno dopo, mentre la riduzione dei costi della politica sembra una costante naturale, come il pi-greco.
Siamo inseriti in una competizione internazionale, con paesi vicini a noi che hanno un livello di efficienza molto maggiore del nostro. Con leggi più snelle, con costi della politica incredibilmente più bassi. Dove lo stato funziona meglio, dove le opere pubbliche costano la metà delle nostre o meno. Come speriamo di competere, in questo contesto? Davvero pensiamo di farlo tagliando qualche anno di pensione?
A questo proposito può essere interessante leggere questo articolo di Walter Veltroni.
Etichette: futuro, italia, pensioni, politica, prospettive
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