Qualcuno forse ricorda il centro sociale Virus, in via Correggio 18, a Milano.
Ma negli anni 70, molto prima del Virus, via Correggio era già un centro sociale molto attivo. Alcuni compagni avevano occupato un palazzo inutilizzato, parte dell'area della ex Mellin, fabbrica abbandonata.
Molti appartamenti erano occupati da compagni che cercavano un posto in cui vivere.
Un'area era stata adibita a ricerche teatrali. Un'altra area ad asilo nido.
Un'area funzionava come bar e ritrovo per anziani.
Cercavamo , insomma, di applicare le nostre idee politiche a qualcosa di
socialmente utile.
Eravamo più o meno tutti cani sciolti, tutti dell'area del movimento studentesco. Tutti a sinistra del PCI, che pure allora era un vero partito comunista.
Come mai non nel PCI? Forse perchè ai nostri occhi era un partito "vecchio" e noi eravamo giovani. E rappresentava per noi un partito omogeneo a tutti gli altri, bloccato nei giochi di potere che
ci illudevamo di poter eliminare. Il seguito ha dimostrato che avevamo torto.
Ma in quel periodo tutti noi che militavamo nel "movimento" credevamo nel futuro, ed ognuno di noi faceva di tutto per partecilare alla sua costruzione.
Ognuno secondo le proprie inclinazioni particolari.
Io, ad esempio, ero sempre coinvolto nelle operazioni di pulizia, nei lavori elettrici, nei montaggi, insomma in tutte le attività manuali e tecniche che mi tenevano lontano dalla politica "teorica".
Non riuscivo a leggere gli articoli politici di Lotta Continua o del manifesto. Ed ogni volta che qualche "responsabile" annunicava: "Compagni, domani tutti all'attivo politico!" io sentivo una contrazione allo stomaco. Ci ho provato, oh se ci ho provato! Mi sono sorbito decine (beh, forse
non ho resistito tanto!) di
attivi politici, riunioni in cui la gente prendeva la parola e parlava per interminabili minuti. Ed io li guardavo ammirato. Pensavo "Cavolo! ma come fa a sapere tutte queste cose? E soprattutto, come fa a fare delle analisi così acute?". Ma la verità è che perdevo quasi immediatamente il filo, seguendo i miei pensieri innescati dalle loro parole. E se avessi dovuto, alla fine della riunione, fare un riassunto dei vari interventi, sarebbe stato un disastro.
Era con sollievo che tornavo ai neon, ai fili, agli interruttori, ai microfoni, agli altroparlanti, ai pennelli per imbiancare le pareti.
La mia vita politica attiva si è interrotta in quel periodo. Dopo l'assassinio di Moro era venuta a mancare, per lo meno in me, la spinta alla partecipazione. E, soprattutto, i ragazzi che eravamo diventavano uomini. Ed iniziavano a scontrarsi con le difficoltà della vita.
Iniziavano i problemi di lavoro, la difficoltà di mettere in fase le idee e la realtà.
DI tempo ne è passato parecchio. Dagli anni 70 sono passati più di trent'anni.
Ho ricominciato ad occuparmi di politica, ma vedo che molte cose non sono cambiate.
Quando sento parlare di politica continuo a distrarmi, a perdere il filo del discorso.
Ho, ovviamente, le mie idee e cerco di mantenermi aggiornato. Ma mi accorgo che poi finisco per ricadere nel vecchio vizio del "fare le cose". Mi trovo molto più a mio agio nel costruire il sito internet del PD di Cassano (bello, vero?). O magari nel fare un banchetto, anche se poi a Cascine molti girano largo per non prendere neanche il volantino. A Cascine, ma anche a Cassano, a quel che vedo.
Il tempo passa, e le persone non cambiano. Ci sono sempre quelli che adorano sentirsi parlare.
A me piace dire finiscono sempre per parlarsi addosso, con una specie di narcisistica incontinenza verbale.
A me questo a volte succede (sta succedendo adesso!) quando scrivo. Ma quanto a lavoro politico, resto quello che attacca i neon, che collega
gli interruttori, che imbianca le pareti. Ad ognuno il suo.