25 novembre 2008

Successo senza qualità (dal Corriere)

http://www.corriere.it/cultura/08_novembre_25/successo_senza_qualita_3c828088-bac1-11dd-a4c5-00144f02aabc.shtml

Il viaggio di Luca Mastrantonio e Francesco Bonami negli inspiegabili
miracoli nazionali

*Il successo senza qualità nell'Italia irrazional-popolare*

Da Gramsci all'egemonia del mercato: Bocelli, Grillo e gli altri

di Ranieri Polese

Il nazional-popolare è morto e sepolto. La categoria gramsciana che ha
ispirato politica e cultura della sinistra (del Pci, prima di tutto)
per oltre mezzo secolo, oggi non vale più. Si proponeva, Gramsci, di
realizzare un'alleanza tra ceti intellettuali e masse lavoratrici, per
la conquista, prima ancora che del potere, dell'egemonia. Oggi però
l'egemonia culturale — e il potere politico — sono in mano a
Berlusconi.

Il popolo cui pensava Gramsci non c'è più, lo Stato-nazione si è
dissolto. Tra spinte federaliste e frammentazioni in varie tribù (il
popolo del calcio, quello della tv, quello della musica ecc.) la
società italiana è totalmente trasformata. A conferma di quel decesso
avvenuto ecco i risultati della nuova sfida tv del sabato sera, con
Maria De Filippi che straccia Pippo Baudo, alfiere e testimonial del
nazional-popolare. Sì, perché Baudo e i suoi programmi (1987,
Fantastico) furono bollati dall'allora presidente Rai Enrico Manca con
l'epiteto «nazional-popolari», che Manca usava come un insulto.
Partiti da questa premessa, il giornalista Luca Mastrantonio (dirige
le pagine culturali del Riformista) e lo storico e critico d'arte
Francesco Bonami (è stato direttore della Biennale 2003) si sono messi
a studiare l'Italia di oggi, in cerca di una nuova categoria in grado
di farci capire il paese com'è.

Nasce così il saggio (Einaudi, 287 pagine, 17,50) che ha per titolo
una parola-manifesto, Irrazionalpopolare. Già, ma che vuol dire?
Raccontano i due autori che hanno cominciato esaminando persone,
fatti, fenomeni di grande successo, la cui fortuna però è
inspiegabile, non giustificata, irrazionale. Per esempio Bocelli,
cantante senza grandi doti canore né di interpretazione, che però è
una celebrità nazionale e mondiale. Infatti, il criterio
dell'irrazionalpopolare è questo: «è bello perché piace agli altri».
Non ci sono più valori assoluti, la critica che un tempo li
certificava è morta, l'unico parametro è quello del mercato. Non c'è
più, del resto, nemmeno l'alto e il basso. In questa forma derivata e
deviata della società dello spettacolo che è l'Italia di ora, è il
momento dei supermediocri, una grande famiglia in cui Bonami e
Mastrantonio includono praticamente tutti: Simona Ventura, il Benigni
dantesco, Moccia, Fabrizio Corona, Pavarotti, Lele Mora, Beppe Grillo,
Baricco (che accusa la critica di non essersi occupata di un suo
libro, ma è lui che non l'ha letta). Quando e come è iniziato tutto
questo? Nel libro si assume come data l'11 settembre. In realtà, per
l'Italia, la mutazione è cominciata prima. Tra l'89 (la fine della
Guerra fredda) e la discesa in campo di Berlusconi passando attraverso
Tangentopoli.

Che poi sono gli anni del trionfo della televisione modello Drive in,
dei talk-show dove quello che conta è esserci perché chi c'è
«dev'essere importante», dell'impero dell'Auditel. In questi anni i
politici si mettono a fare intrattenimento (D'Alema è ospite di Gianni
Morandi, Fassino va da Maria De Filippi) mentre i comici fanno
politica. Solo che i comici (Grillo e lo stesso Ricci) diventano
permalosi e senza ironia peggio dei politici. Il connubio satira e
politica di sinistra, iniziato con Benigni che prende in braccio
Berlinguer, finisce — male — quando, alla festa dell'Udeur, Roberto si
fa prendere in braccio da Mastella. Nella progressiva scomparsa della
politica, quello che conta è il supporto: le reti Mediaset per
Berlusconi, le figurine Panini con l'Unità e poi le feste romane per
Veltroni. Ma siccome la politica si fa con le ricerche di mercato, è
naturale che il Cavaliere abbia la meglio. Parallelamente, abbiamo
assistito alla cultura alta che per sopravvivere si fa bassa: è il
caso di Pavarotti & Friends, con il supertenore che canticchia —
malissimo — brani rock e pop. Così Benigni: il suo TuttoDante non
innalza l'attualità al livello dell'Alighieri (come fece Carmelo Bene
a Bologna), ma abbassa la Commedia all'attualità, intercalando battute
sui politici.

Accanto a queste figure colpite da inspiegabile successo, ecco un
panorama di cose e fatti che Bonami e Mastrantonio esaminano con
dovuta perplessità: l'illogica diffusione dei Suv così come le
affollatissime mostre di Impressionisti; il culto di Padre Pio
(l'esumazione del corpo e la maschera di cera ecc.) e la mancata
visita di Ratzinger alla Sapienza di Roma (se i fisici dell'università
contestano il papa nel nome di Galileo, per cui peraltro la Chiesa
aveva già chiesto scusa, il pontefice si è comportato come Nanni
Moretti che si chiedeva: mi si nota di più se vado o se non vado?); i
centri commerciali e il Billionaire. Non compare mai, nel libro, la
parola mito: un bene, visto l'abuso che se ne è fatto (ricordate gli
883, Sei un mito?). Ma c'è anche un perché. «Non ci sono più divinità,
quello di cui parliamo sono involucri vuoti. I miti sono misteriosi,
nessuno sa mai se esistono davvero. Da noi tutto esiste anche troppo e
non c'è più nessuna forma di mistero, la gente si diverte a dividere
con la massa anche i dettagli più insignificanti e privati della
propria esistenza».

E a proposito di involucri vuoti, non è un caso se una delle
trasmissioni più seguite sia quella dei pacchi. Fra i tanti personaggi
che popolano questa terra desolata, sono pochissimi quelli che si
salvano. Marco Paolini (il vero teatro civile), Fiorello (l'uso
creativo di un vecchio mezzo come la radio) e l'artista Maurizio
Cattelan. Che ogni volta riesce a sorprendere e turbare, come nel caso
dei bambini-pupazzi appesi a un albero a Milano. La polemica che seguì
— i bambini furono rimossi — ha avuto il pregio di mostrare la
schizofrenia della società irrazionalpopolare: in tv si guarda senza
batter ciglio la guerra e altre atrocità vere, ma di fronte al
carattere simbolico dei pupazzi impiccati la gente ha paura. Categoria
estetico-culturale, dato antropologico, l'irrazionalpopolare non ha
nulla di moralisteggiante. Sottintende invece un giudizio politico,
crudele ma non vano. Alla domanda se vede maggiore vitalità a destra o
a sinistra, Bonami risponde così: «Vitalità da nessuna parte.
Cialtroneria vivace a destra, stanca presunzione senile a sinistra
anche nelle frange più giovani. La sinistra è come la nobiltà, crede
nella divinità del proprio stato. La destra è come un mancino
obbligato a scrivere con la mano destra. E l'Italia è come un vecchio
re cieco che detta la propria storia a un mancino monco al quale è
rimasta solo la mano destra con cui scrivere. Chi leggerà la storia
non capirà più nulla». Viviamo in una sorta di agonia, dice
Mastrantonio; ma «l'agonia ha anche momenti di euforia. La cultura di
sinistra, morta e trapassata, è in pieno rigor mortis. Meglio allora
l'agonia».

25 novembre 2008

1 Commenti:

Alle 10 maggio 2009 23.05 , Anonymous Anonimo ha detto...

ciao salvo!!
trovo che alcune di queste riflessioni descrivano molto bene la schizzofrenia di questo momento storico..se me lo concedi, ne prendo alcune frasi da condividere sul blog..chissà che leggendole alcuni non riescano ad aprire gli occhi..a presto.sabry

 

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