Come mai è successo tutto questo?
Eravamo una nazione vitale e forte. Non molto strutturati, certo. magari un po' arruffoni, certo. Con tutti i nostri difetti tipicamente italiani.
Ma andavamo forte, avevamo una forte identità e molta voglia di fare, forse simile a quella dei cinesi oggi.
Cosè successo poi? Com'è che siamo diventati così inefficienti, così corrotti, così disorganizzati. Com'è che il nostro paese ha una identità così appannata, a cosa dobbiamo questa scarsa capacità di reagire, di prendere in mano il nostro destino e spingerlo avanti, più avanti.
Si potrebbe pensare ad un ciclo naturale, al fatto che raramente i figli ereditano dai padri le stesse capacità creative ed imprenditoriali. E' convinzione comune che i nonni creano le imprese, i padri le conservano e i figli le distruggono. Non so se il nostro paese sta pagando questo prezzo generazionale, questa specie di tributo inevitabile al tempo che passa.
Mi chiedo se altri paesi, USA, Germania, Francia, UK, stanno pagando lo stesso prezzo.
Mi pare che l'Italia abbia una zavorra in più, qualcosa che ha spento la nostra capacità di reagire, di organizzarci, di creare.
E' come se avessimo perso la bussola, come se non sapessimo più in che direzione andare.
Azzardo una ipotesi, con la segreta paura di esagerare, ma forse neanche tanto.
E se fosse un fatto culturale? Se la cultura che respiriamo da più di vent'anni avesse, poco alla volta, corroso la nostra capacità creativa?
Sarà anche una mia idea fissa, ma secondo me non è privo di conseguenze vivere di "grande fratello", di "veline", di "isola dei famosi". Di spettacoli che hanno come protagosisti persone che diventano famose senza alcuna particolare capacità, senza nessun motivo particolare se non il fatto di "esserci". Spettacoli in cui vince, diventa famoso l'uomo più volgare, la donna più sguaiata, più disinvolta. Spettacoli che raccontano ai nostri giovani, e non solo a loro, di come si possono risolvere i propri problemi esistenziali partecipando ad uno spettacolo televisivo, senza essere necessariamente bravi a fare qualcosa. A guardare quegli spettacoli viene da pensare che non serva sbattersi più di tanto. In fondo basta un po' di faccia tosta, un briciolo di fortuna, e se ti prendono in un reality il problema è risolto.
Che dici, è una visione semplicistica? Forse.
Ma secondo me non è privo di conseguenze continuare per vent'anni di seguito a riempire la testa della gente di subcultura. La TV, checchè se ne dica, è oggi il maggior veicolo di cultura. I bambini se la bevono con il latte, fin dai primi mesi. E gli adulti non sono da meno. Anche quelli che, veleggiando oltre i 50, sono nati in anni in cui la televisione ancora non esisteva o trasmetteva poche ore al giorno. E, per altro, faceva vera cultura.
La televisione ha, negli ultimi 20 anni, proposto modelli che distano anni luce dalla vera cultura del lavoro. Ha proposto modelli di uomini rampanti, che raggiungono il successo grazie ad ardite operazioni finanziarie. Ha proposto, sull'onda di tanti film e serial del tipo "saranno famosi", il modello del ragazzo che raggiunge il successo ballando e cantando. Solitamente dopo pochi mesi di "duro addestramento". Non esistono, al cinema ed in televisione, le persone reali di cui ha bisogno il nostro paese. Non esiste chi passa anni sui libri per acquisire una professionalità, chi lavora in silenzio, duramente, per creare una impresa di successo. In televisione tutto succede in pochi giorni, al massimo in qualche mese, grazie all'idea giusta, grazie all'intuizione, grazie all'investimento azzeccato.
Non esiste il successo cercato, progettato, realizzato passo per passo, grazie anche ad un sistema scuola-industria che funziona.
Invasi, distrutti da questa subcultura, come possiamo pensare di salvare il nostro paese?
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