27 novembre 2008

Pericolo Wi-FI e Bluetooth!

Hai un computer portatile? Lo usi spesso in viaggio? ATTENTO! Se usi la connessione Wi-Fi i tuoi dati sono in pericolo!
Ma anche il tuo cellulare, se dotato di Bluetooth, può costituire un pericolo.
Un tecnico ben preparato può costruire trappole infallibili, con le quali rubare non solo i tuoi dati di accesso al conto corrente, non solo i dati della tua carta di credito, ma anche, e soprattutto, le informazioni più segrete che può poi utilizzare per qualche ricatto.
Leggi qui sotto un interessante articolo, tratto da Punto Informatico, e capirai come funziona l'aggressione.
Ma, soprattutto, segui queste regole semplici:
  • Tieni sempre spento il wi-fi ed il bluetooth, quando non ti servono.
  • Non fidarti molto delle connessioni wi-fi pubbliche (aeroporti, stazioni, treni), soprattutto se sono gratis e se non sono conosciute.
  • Evita di accedere al tuo conto corrente o di fare acquisti via web, quando usi una connessione wi-fi pubblica.
  • Usa, ogni volta che puoi, la crittografia per lo scambio di email delicate che riguardano il lavoro, la vita privata, qualsiasi aspetto della tua vita che potrebbe metterti in imbarazzo se diventasse pubblico.
Ecco l'articolo

Se una sera d'inverno un viaggiatore

Roma - Nei giorni scorsi ho dovuto muovermi in treno tra Bologna e Firenze, portandomi appresso il laptop, e quello che ho visto mi ha lasciato attonito.
Perché?
Perché il nostro mondo ha un altro aspetto visto da un laptop dotato di interfacce Wi-Fi e/o Bluetooth e di una distribuzione come Backtrack o OSWA Assistant. Per farvi capire cosa intendo sono costretto a ricorrere ad un breve racconto.
Naturalmente, tutto ciò che state per leggere non è mai avvenuto. I nomi sono di fantasia.

Se una sera d'inverno un viaggiatore
Simone si strinse il bavero attorno al collo e lanciò un'occhiata a sud. L'Eurostar 9450 delle 18:30 era già visibile all'ingresso della stazione. Nel giro di un paio di minuti sarebbe stato a bordo, al caldo. Dopo aver corso per circa dieci ore da un cliente all'altro, avrebbe finalmente potuto svestirsi e sedersi. Non vedeva l'ora. L'arrivo a Milano era previsto per le 23:25 per cui Simone avrebbe avuto quasi cinque ore di tempo per lavorare.
In quel momento il suo unico pensiero era il Giappone. I suoi amici stavano per partire e lui non aveva ancora trovato i soldi per seguirli. 3.000 euro. Quella era la cifra necessaria. 3.000 euro che andavano ad aggiungersi ai 35.000 euro che aveva appena speso per la sua nuova auto. Se fosse stato un ragazzo serio, come lo voleva sua madre, avrebbe dovuto rinunciare. Ma Simone aveva sempre desiderato fare quell'esperienza. Le strade senza nome e senza numero, i cartelli con gli ideogrammi, la gente che parla solo giapponese. Nulla a che fare con le solite gite parascolastiche a Londra od a New York. Niente più campi giochi per adolescenti. Voleva mettersi alla prova. Voleva mettere sul passaporto anche quel timbro.

E Simone sapeva dove trovare i soldi. Doveva solo avere un po' di fortuna. Anzi: molta fortuna. Quello era l'ultimo viaggio di rientro prima delle ferie di Natale. La settimana successiva sarebbe rimasto a Milano ed il weekend successivo avrebbe dovuto partire per il Giappone. Non aveva altre occasioni. Doveva mettere nel cesto un pesce entro le prossime cinque ore. E doveva essere un pesce bello grosso.

Appena salito a bordo si sistemò rapidamente, collegò il laptop alla presa di corrente e lo accese. Non riuscì a trattenersi dal tamburellare con le dita sul tavolino mentre il computer caricava il sistema operativo. Appena ebbe a disposizione una shell, Simone lanciò Blitzkrieg, il suo programma di raccolta dati. Il treno non era ancora uscito dalla stazione e già Simone stava valutando i primi risultati. Da quella posizione, il suo laptop riusciva a vedere una dozzina di dispositivi radio Bluetooth. Alcuni dovevano essere telefoni, altri laptop.

Probabilmente, alcuni di essi si trovavano nelle carrozze adiacenti. In ogni caso, solo quattro o cinque di loro erano vulnerabili. Blitzkrieg, usando BlueDiving, BlueBugger ed altri programmi, era riuscito a penetrare in quattro di essi ed aveva già scaricato le loro rubriche. Lunghe liste di nomi e numeri apparentemente privi di senso che Blitzkrieg aveva scrupolosamente memorizzato in un apposito database MySQL.

Simone si assicurò che il download dei dati fosse terminato e lanciò Icebreaker, il suo programma di analisi. Icebreaker era rozzo, poco ottimizzato e dannatamente lento. Ci avrebbe messo un bel po' di tempo per confrontare tra loro i numeri appena raccolti e confrontare questi con quelli raccolti nei mesi precedenti. Poi Simone avrebbe dovuto analizzare il complesso grafo che ne risultava per capire chi, tra le centinaia di persone coinvolte in tutte quelle reti di relazioni sociali, poteva essere la persona giusta. Simone aveva già raccolto molte informazioni e sapeva di essere ad un passo dalla soluzione del suo puzzle. Gli serviva solo un po' di fortuna.

Mentre Icebreaker, lentamente ed instancabilmente, macinava i suoi confronti, Simone decise di dedicarsi ad altro. Inserì la chiave USB nella slot e si collegò ad Internet via UMTS. Subito dopo, lanciò Eskimo, il suo programma di accoglienza. Eskimo emise un segnale in broadcast e pubblicizzò a tutti gli altri passeggeri del treno l'esistenza di una fantomatica "Rete Wi-Fi Libera di Trenitalia".

Dieci minuti dopo, ben nove passeggeri avevano accolto l'invito e si erano collegati al suo Access Point virtuale per cogliere quella ghiotta occasione. Nessuno di loro aveva capito cosa stava realmente succedendo. Non c'era nessuna rete Wi-Fi di Trenitalia ad accesso gratuito. Era solo il laptop di Simone, attivo in modalità "point-to-point" che accettava le loro connessioni radio. Le accettava e le redirigeva sulla sua connessione UMTS, in modo che gli utenti potessero navigare e non si rendessero conto di nulla. Nel frattempo, tutto il traffico che questi utenti producevano, e che attraversava il laptop di Simone, veniva analizzato da un apposito programma. In meno di venti minuti, Simone aveva già raccolto un centinaio di Mb di posta elettronica, di documenti ed una decina di coppie username/password usate per accedere ai servizi più disparati, tra cui una coppia usata per accedere ad un conto corrente bancario online. Una persona meno accorta di Simone avrebbe usato quelle credenziali per procurarsi i soldi ma Simone non era così ingenuo. Non avrebbe mai commesso un furto del genere, correndo il rischio di scatenare una caccia al pirata informatico. No, i soldi non li voleva rubare. I soldi gli dovevano essere consegnati da una persona che agiva di sua iniziativa, ben consapevole di cosa stava facendo.

Tra il materiale raccolto c'erano anche molte foto di una ragazza. Una biondina dall'aspetto molto femminile, probabilmente sui ventidue anni. Era completamente nuda, china sul ventre di un uomo di cui si scorgevano solo le gambe. Incuriosito, Simone controllò l'identità del PC di provenienza e gli altri materiali che aveva ricevuto da esso. Da alcuni messaggi di posta elettronica e dai nominativi della rubrica riuscì a capire che si trattava del Professor Camillo Di Gregori, ordinario di Medicina Interna a Milano. La ragazza doveva essere quella certa Katia con cui l'anziano professore aveva scambiato messaggini nei giorni precedenti. Katia Romaldi. Dai dati reperibili sul sito studentesco dell'università, si deduceva che era di Pavia e che aveva 23 anni. Simone, scosse la testa. Quel professore poteva certamente essere il suo cliente ma ancora non era contento. Una storia di sesso può interessare i giornali ma al massimo può produrre un divorzio. Ci voleva qualcosa di meglio.

Simone tornò ad Icebreaker e finalmente trovò quello che cercava. Nei mesi precedenti aveva raccolto molti documenti e molti messaggi SMS che, nell'insieme, dipingevano un ritratto decisamente succoso. Doveva trattarsi di un alto funzionario della ASL di Milano che aveva accettato mazzette per coprire il solito squallido traffico di servizi fatturati ma mai forniti. Dai documenti si poteva dedurre che si trattava di un giro di affari da alcuni milioni di euro l'anno e che portava nelle tasche del funzionario delle grosse cifre, ovviamente esentasse. Il problema era che Simone non era ancora riuscito a capire chi fosse questa persona. Una mole di informazioni come quella era inutile senza un nome da contattare. Ma questa volta Simone aveva avuto fortuna.

Nella rubrica indirizzi di questa misteriosa persona c'erano alcune centinaia di nomi e di numeri di telefono. Quella sera, su quel treno, una di quelle persone era salita a bordo. Si trattava di un oscuro impiegato di nessuna importanza ma nelle sue tasche c'era uno dei cellulari elencati nella rubrica del misterioso funzionario. Il cellulare era dotato di interfaccia Bluetooth e Simone era riuscito a scaricarne la rubrica, gli SMS e gli altri dati. Icebreaker ci aveva messo venti minuti ad analizzare e confrontare i dati disponibili ma alla fine gli aveva dato il nome che cercava: Dottor Professor Roberto Pogo. Lo si poteva dedurre dal confronto delle due copie dello stesso messaggio SMS sui due telefoni. Mittente e destinatario mettevano in collegamento i due uomini senza alcun dubbio. Simone fece una visita al sito della ASL e riuscì a stabilire che il Professor Roberto Pogo era il responsabile del settore logistica e approvvigionamenti. Un anziano e potente manager. Proprio quello che gli serviva.

Simone sorrise tra sé. Prese uno dei documenti più compromettenti della sua raccolta, lo associò ad un breve messaggio e lo inviò al Professor Pogo passando attraverso una rete di mixmaster. Non sarebbero riusciti a risalire a lui neanche mettendo a soqquadro l'intera Internet. Qualche minuto dopo, un anziano signore in abito blu, seduto poche file più avanti, scattò in piedi e si guardò attorno. Simone fece finta di niente. Anche se il professore aveva capito cosa era successo, ormai era tardi. Quell'uomo gli avrebbe dato i soldi che gli servivano per il Giappone. E molti altri ancora. Non c'era più nulla che potesse fare.

Qualche amichevole consiglio
Se pensate che tutto questo sia fantascienza, vi consiglio di informarvi. Cominciate con la ricerca dei termini "bluetooth", "wi-fi" e "security" su Google. C'è molta documentazione anche in italiano.

Attivate la modalità nascosta dei vostri dispositivi Bluetooth (telefoni e laptop), oppure spegnete del tutto il servizio di connessione radio. Accendetelo solo quando ne avete bisogno.

Non collegatevi a nessuna rete Wi-Fi "pubblica" senza aver prima controllato che si tratti di un vero Access Point, non di un laptop che accetta connessioni in modo "point-to-point".

In generale, fate l'uso più ampio possibile di tecniche crittografiche per proteggere i vostri dati, i vostri messaggi ed i vostri canali di comunicazione.

Alessandro Bottoni

Tutti gli interventi di A.B. su Punto Informatico sono disponibili a questo indirizzo

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Ottimismo

Due rapide parole sull'ottimismo.
Ho visto in TV il nostro premier dire, in un qualche meeting di categoria, che il successo o meno delle manovre di contrasto della crisi finanziaria possono aver successo solo se la gente comune non si fa spaventare e non smette di consumare.
Ha aggiunto una frase come (cito a memoria): "lo ripeto sempre ai miei colleghi premier, non ho mai visto un pessimista vincere una battaglia. Occorre essere ottimisti".
Bene.
Non penso che il nostro premier sia un cretino integrale. In fondo è uno che ha costruito un impero finanziario. Magari ha avuto qualche aiuto poco corretto, ma indubbiamente non gli sarebbe bastato a diventare quel che è, se non ci fosse stata anche una grande capacità personale.
Penso però che ci sia qualche aspetto inquietante nei suoi processi cognitivi.
Banalmente, una qualche incapacità a capire la realtà altrui e a distinguere la realtà dai sogni.
Non basta l'ottimismo a convincere una famiglia di disoccupati ad acquistare un TV al plasma.
Con tutto l'ottimismo di questo mondo, prima devono riuscire ad acquistare la pasta, il latte, le patate e le uova. Non molto di più.
Per il dentista se ne parla il mese prossimo, o l'altro.
Ci sono famiglie in cui padre, madre e un figlio (o due) lavorano nella stessa azienda, che li mette tutti in cassa integrazione a zero ore.
Ci sono coppie di giovani sposini, entrambi precari, che lavorano un mese si e due mesi no.
Le industrie prima di tutto si liberano dei precari, e poi mettono in cassa integrazione i dipendenti.
Ottimismo?
Ci sono intere zone del nostro paese che vivono su poche grandi industrie. QUando chiudono queste, interi paesi restano senza reddito.
D'altra parte l'Italia non è un paese sigillato a tenuta stagna.
Buona parte del lavoro italiano alimenta l'esportazione.
E se i paesi nostri clienti smettono di acquistare il made in Italy, ecco che la loro crisi diventa anche la nostra crisi. Ecco che chiuderanno (e stanno chiudendo) anche le aziende italiane che producono per l'esportazione. Altri lavoratori verranno licenziati, non rinnovati, messi in cassa integrazione. Tutti lavoratori che avranno molte difficoltà ad essere ottimisti. Pur con tutta la buona volontà.
Dice il premier (che ripeto, probabilmente non è imbecille) che i giornali controllati dalla sinistra velenosa stanno sabotando l'azione di governo diffondendo pessimismo invece che ottimismo.
Quel che non dice, il nostro amato premier, è come sia possibile essere ottimisti nel momento in cui indistintamente tutti gli operatori definiscono questa crisi come la peggiore mai vista.
Probabilmente lo sapremo presto, forse da una diretta di Rete 4.
Non certo da Europa 7.....

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25 novembre 2008

Successo senza qualità (dal Corriere)

http://www.corriere.it/cultura/08_novembre_25/successo_senza_qualita_3c828088-bac1-11dd-a4c5-00144f02aabc.shtml

Il viaggio di Luca Mastrantonio e Francesco Bonami negli inspiegabili
miracoli nazionali

*Il successo senza qualità nell'Italia irrazional-popolare*

Da Gramsci all'egemonia del mercato: Bocelli, Grillo e gli altri

di Ranieri Polese

Il nazional-popolare è morto e sepolto. La categoria gramsciana che ha
ispirato politica e cultura della sinistra (del Pci, prima di tutto)
per oltre mezzo secolo, oggi non vale più. Si proponeva, Gramsci, di
realizzare un'alleanza tra ceti intellettuali e masse lavoratrici, per
la conquista, prima ancora che del potere, dell'egemonia. Oggi però
l'egemonia culturale — e il potere politico — sono in mano a
Berlusconi.

Il popolo cui pensava Gramsci non c'è più, lo Stato-nazione si è
dissolto. Tra spinte federaliste e frammentazioni in varie tribù (il
popolo del calcio, quello della tv, quello della musica ecc.) la
società italiana è totalmente trasformata. A conferma di quel decesso
avvenuto ecco i risultati della nuova sfida tv del sabato sera, con
Maria De Filippi che straccia Pippo Baudo, alfiere e testimonial del
nazional-popolare. Sì, perché Baudo e i suoi programmi (1987,
Fantastico) furono bollati dall'allora presidente Rai Enrico Manca con
l'epiteto «nazional-popolari», che Manca usava come un insulto.
Partiti da questa premessa, il giornalista Luca Mastrantonio (dirige
le pagine culturali del Riformista) e lo storico e critico d'arte
Francesco Bonami (è stato direttore della Biennale 2003) si sono messi
a studiare l'Italia di oggi, in cerca di una nuova categoria in grado
di farci capire il paese com'è.

Nasce così il saggio (Einaudi, 287 pagine, 17,50) che ha per titolo
una parola-manifesto, Irrazionalpopolare. Già, ma che vuol dire?
Raccontano i due autori che hanno cominciato esaminando persone,
fatti, fenomeni di grande successo, la cui fortuna però è
inspiegabile, non giustificata, irrazionale. Per esempio Bocelli,
cantante senza grandi doti canore né di interpretazione, che però è
una celebrità nazionale e mondiale. Infatti, il criterio
dell'irrazionalpopolare è questo: «è bello perché piace agli altri».
Non ci sono più valori assoluti, la critica che un tempo li
certificava è morta, l'unico parametro è quello del mercato. Non c'è
più, del resto, nemmeno l'alto e il basso. In questa forma derivata e
deviata della società dello spettacolo che è l'Italia di ora, è il
momento dei supermediocri, una grande famiglia in cui Bonami e
Mastrantonio includono praticamente tutti: Simona Ventura, il Benigni
dantesco, Moccia, Fabrizio Corona, Pavarotti, Lele Mora, Beppe Grillo,
Baricco (che accusa la critica di non essersi occupata di un suo
libro, ma è lui che non l'ha letta). Quando e come è iniziato tutto
questo? Nel libro si assume come data l'11 settembre. In realtà, per
l'Italia, la mutazione è cominciata prima. Tra l'89 (la fine della
Guerra fredda) e la discesa in campo di Berlusconi passando attraverso
Tangentopoli.

Che poi sono gli anni del trionfo della televisione modello Drive in,
dei talk-show dove quello che conta è esserci perché chi c'è
«dev'essere importante», dell'impero dell'Auditel. In questi anni i
politici si mettono a fare intrattenimento (D'Alema è ospite di Gianni
Morandi, Fassino va da Maria De Filippi) mentre i comici fanno
politica. Solo che i comici (Grillo e lo stesso Ricci) diventano
permalosi e senza ironia peggio dei politici. Il connubio satira e
politica di sinistra, iniziato con Benigni che prende in braccio
Berlinguer, finisce — male — quando, alla festa dell'Udeur, Roberto si
fa prendere in braccio da Mastella. Nella progressiva scomparsa della
politica, quello che conta è il supporto: le reti Mediaset per
Berlusconi, le figurine Panini con l'Unità e poi le feste romane per
Veltroni. Ma siccome la politica si fa con le ricerche di mercato, è
naturale che il Cavaliere abbia la meglio. Parallelamente, abbiamo
assistito alla cultura alta che per sopravvivere si fa bassa: è il
caso di Pavarotti & Friends, con il supertenore che canticchia —
malissimo — brani rock e pop. Così Benigni: il suo TuttoDante non
innalza l'attualità al livello dell'Alighieri (come fece Carmelo Bene
a Bologna), ma abbassa la Commedia all'attualità, intercalando battute
sui politici.

Accanto a queste figure colpite da inspiegabile successo, ecco un
panorama di cose e fatti che Bonami e Mastrantonio esaminano con
dovuta perplessità: l'illogica diffusione dei Suv così come le
affollatissime mostre di Impressionisti; il culto di Padre Pio
(l'esumazione del corpo e la maschera di cera ecc.) e la mancata
visita di Ratzinger alla Sapienza di Roma (se i fisici dell'università
contestano il papa nel nome di Galileo, per cui peraltro la Chiesa
aveva già chiesto scusa, il pontefice si è comportato come Nanni
Moretti che si chiedeva: mi si nota di più se vado o se non vado?); i
centri commerciali e il Billionaire. Non compare mai, nel libro, la
parola mito: un bene, visto l'abuso che se ne è fatto (ricordate gli
883, Sei un mito?). Ma c'è anche un perché. «Non ci sono più divinità,
quello di cui parliamo sono involucri vuoti. I miti sono misteriosi,
nessuno sa mai se esistono davvero. Da noi tutto esiste anche troppo e
non c'è più nessuna forma di mistero, la gente si diverte a dividere
con la massa anche i dettagli più insignificanti e privati della
propria esistenza».

E a proposito di involucri vuoti, non è un caso se una delle
trasmissioni più seguite sia quella dei pacchi. Fra i tanti personaggi
che popolano questa terra desolata, sono pochissimi quelli che si
salvano. Marco Paolini (il vero teatro civile), Fiorello (l'uso
creativo di un vecchio mezzo come la radio) e l'artista Maurizio
Cattelan. Che ogni volta riesce a sorprendere e turbare, come nel caso
dei bambini-pupazzi appesi a un albero a Milano. La polemica che seguì
— i bambini furono rimossi — ha avuto il pregio di mostrare la
schizofrenia della società irrazionalpopolare: in tv si guarda senza
batter ciglio la guerra e altre atrocità vere, ma di fronte al
carattere simbolico dei pupazzi impiccati la gente ha paura. Categoria
estetico-culturale, dato antropologico, l'irrazionalpopolare non ha
nulla di moralisteggiante. Sottintende invece un giudizio politico,
crudele ma non vano. Alla domanda se vede maggiore vitalità a destra o
a sinistra, Bonami risponde così: «Vitalità da nessuna parte.
Cialtroneria vivace a destra, stanca presunzione senile a sinistra
anche nelle frange più giovani. La sinistra è come la nobiltà, crede
nella divinità del proprio stato. La destra è come un mancino
obbligato a scrivere con la mano destra. E l'Italia è come un vecchio
re cieco che detta la propria storia a un mancino monco al quale è
rimasta solo la mano destra con cui scrivere. Chi leggerà la storia
non capirà più nulla». Viviamo in una sorta di agonia, dice
Mastrantonio; ma «l'agonia ha anche momenti di euforia. La cultura di
sinistra, morta e trapassata, è in pieno rigor mortis. Meglio allora
l'agonia».

25 novembre 2008

12 novembre 2008

L'ambulanza

Parlavo proprio oggi, con un amico, del PD e dei tanti errori che commettono i suoi dirigenti, e delle lotte interne, e della mancata opposizione, e di quanto vorremmo un vero partito di centro sinistra, una vera alternativa.
Io mi sono esibito nel solito numero de "non ci sono valide alternative".
Lui ha replicato (mossa standard numero 15) dicendo che ne ha le palle piene di chi gli propone una soluzione inaccettabile con la scusa che altrimenti è peggio.
Certo.
Allora, prevedibilmente, ho fatto ricorso ad una metafora.
Hai avuto un incidente stradale. Sei per terra, in mezzo all'incrocio, piuttosto malconcio, ma ancora cosciente.
Vedi arrivare un'ambulanza decrepita, guidata da uno che ti pare bollito.
Dici "NO! Io su quella ambulanza non ci salgo. Secondo me si guasta dopo 100 metri, e poi avete visto chi la guida? Quello non sa neanche dov'è l'ospedale!".
Perfetto.
Il vero problema è che non ci sono altre ambulanze.
Anzi, no. Ce n'è una. Sembra lucida e splendente. In realtà è fatta di cartone, e la guida il dottor Mengele.
A te la scelta.
Prevedibilmente Marloc (il mio amico) ha risposto: "Si, vabbene. Ma il vero problema è che l'ambulanza la vogliono guidare sempre loro. E se mi avvicino dicendo 'guido io' mi fanno cenno di no con la manina. E se mi avvicino dicendo 'beh, posso almeno cambiare le gomme, pulire il filtro, riparare le lampadine bruciate' mi dicono 'no, ci pensiamo noi' . In questo modo l'ambulanza è destinata ad essere una fetenzia poco adatta allo scopo".
Discorso sensato, a prima vista.
Peccato che la realtà sia un'altra.
La realtà è che, per uscir di metafora, gente come D'Alema e Veltroni, che non brillano per lucidità ed intuito politici, per capacità organizzativa, per carisma, vengono sempre lasciati soli a dirigere la baracca.
Nel senso che l'unico modo per salire sull'ambulanza, per ripararla, per renderla efficiente, è quella di partecipare in massa alla vita politica.
Se ci fosse, nel PD, un'invasione di milioni, di miliardi di giovani che dicessero: "Sai cosa? Adesso ci siamo noi, e voi potete andare a riposo!", la cosa cambierebbe.
Se i giovani, invece di tenersi lontani dalla politica, come se davvero fosse una cosa sporca, decidessero di partecipare IN TANTI, fino ad occupare FISICAMENTE gli spazi della politica, allora si che le cose cambierebbero!
Se invece di stare FUORI, i giovani ENTRASSERO nei palazzi della politica, e gentilmente accompagnassero all'uscita tutti coloro che non hanno saputo fare un'opposizione come dio comanda, tutti coloro che in qualche modo hanno scheletri nell'armadio, precessi pendenti o passati, collusioni con poteri poco amici del popolo, migliaia di nomine in inesistenti consigli di amministrazione...
Me li vedo, centinaia di giovani, presentarsi nei teatri, nelle piazze, dove si esibiscono le vecchie cariatidi del PD. E occupare fisicamente questi luoghi. Con dolce determinazione.
Ma se invece i giovani guardano da fuori, schifati, dicendo "è tutto marcio", beh, vuol dire che decidono di lasciare il loro futuro nelle mani di noi 50enni, 60enni, 70enni. Che abbiamo mille incrostazioni, mille interessi laterali, poca energia per innovare.
Mi verrebbe da dire "peggio per loro". Ma mi dispiace. Davvero tanto.

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11 novembre 2008

MA CHEPPALLE!

"Ma ancora???? Ma davvero siamo ancora qui a parlare di mafia, di Mangano, di Dell'Utri, di Berlusconi? Non lo capite che la gente l'ha votato, segno che non gli frega niente di tutte queste cazzate, degne solo di Di Pietro e Travaglio!".

Si. Ancora.
Ancora, perchè la legalità è la base. Senza legalità è inutile tutto il resto.
Il rispetto della legalità vuol dire che io mi fido di te, tu ti fidi di me, perchè entrambi rispettiamo un codice condiviso. Perchè ci sono delle regole, e le rispettiamo entrambi, anche se magari abbiamo interessi contrastanti.
Le regole a questo servono, no? A "regolare" gli interessi contrastanti. Altrimenti non servirebbero.
Se andassimo tutti nella stessa direzione non servirebbero i semafori.
Invece capita ogni giorno che il mio interesse sia diverso dal tuo. E per non risolvere la cosa alla vecchia maniera, con una bastonata in testa o un coltello di selce nel costato, ci siamo inventati le regole.
Le regole, la legge, sono alla base di tutta la nostra vita organizzata.
Ma se iniziamo a dire che il rispetto delle regole è un optional, cade tutto il castello di carte, non resta in piedi niente, niente.
E allora, si, parliamo ancora di regole e di chi le ha violate. Di chi le viola ogni giorno. Di chi, dopo averle violate, le cambia. Di chi si ritiene al di sopra delle regole. Di chi dice "vabbè, dai, per questa volta facciamo che abbiamo scherzato" e condona tutto il condonabile, dalle costruzioni abusive alle evasioni fiscali.
Parliamo di chi ha amicizie pericolose, molto, troppo vicine a chi le regole le viola ogni giorno, oserei dire "per statuto".
Parliamo, banalmente, di Berlusconi, che è stato mille volte accusato di aver violato le regole. E che le ha cambiate in corsa, vanificando il lavoro di chi lo stava giudicando.
Sento spesso dire, a sinistra, che occorre smetterla con questo "antiberlusconismo" d'assalto, che non paga più, che non dobbiamo lasciarci trascinare da Di Pietro nelle sue lotte contro i mulini a vento.
Ma cosa vuol dire che "non paga più"? Allora il rispetto delle regole ci interessa solo se "paga"?
No, mi dispiace, questa cosa è inaccettabile.
Se il rispetto delle regone non è un valore primario, allora non gioco più. Perchè in qualsiasi gioco, ci vogliono regole certe. Chi sarebbe così sprovveduto da sedersi ad un tavolo di poker con gente che viola le regole, o che le cambia durante la partita?
Parliamo allora di Berlusconi (ma ancora??? si, ancora!) il cui braccio destro, Dell'Utri, è stato condannato per mafia. In primo grado, certo. Ma intanto.
Parliamo allora di Berlusconi (si, ancora!) il cui stalliere Mangano eccetera eccetera. Roba vecchia, dici? Certo! Peccato che proprio ieri (pochi mesi fa) Berlusconi abbia avuto l'ardire di definire Mangano "un eroe". Perchè aveva resitito alle "pressioni" della procura e non aveva accettato di incastrarlo (lui Berlusconi). Dando per scontato, ovviamente, che le "pressioni" della procura fossero indebite, tendenti a farlo accusare ingiustamente.
Ma se proprio non vogliamo parlare di Berlusconi e soci, perchè "non paga più", allora diamo un'occhiata in casa nostra, per chi la ritiene tale:
Parliamo, ad esempio, di Mirello Crisafulli deputato PD, eletto nel 2006 nelle liste dell'Ulivo, dopo che nel 2002 fu messo sotto inchiesta in seguito ad un filmato che lo ritraeva in un hotel di Pergusa durante il congresso provinciale della CGIL scuola, in compagnia del boss mafioso di Enna Raffaele Bevilaqua, già condannato per mafia e reduce dagli arresti domiciliari.
Parliamo di quelli che, come Vincenzo De Luca, si dimenticano di costituirsi parte civile contro
chi ha piazzato mezzo chilo di tritolo tentando di far fuori un assessore
della loro giunta. Che dichiarano di "disprezzare profondamente i pentiti"
che svelano i mandanti del fallito attentato. Che vengono bersagliati da
avvisi di garanzia. E che continuano a nascondersi dietro la giunta per le
autorizzazioni a procedere
. De Luca, deputato DS, è indagato a Salerno per il piano regolatore e gli appalti della centrale termoelettrica. Il pm ne ha chiesto l'arresto per associazione per delinquere, truffa, minacce a pubblico ufficiale, ma il gip ha respinto la richiesta.
E gli esempi potrebbero continuare.
Ma, soprattutto, ricordo con orrore l'ovazione che tutto il parlamento, Rifondazione e IDV esclusi, ha riservato a Mastella quando, inferocito per le indagini su sua moglie, si lasciò andare ad una filippica contro la magistratura.
Abbiamo bisogno di LEGALITA', prima ancora che di POLITICA. Perchè senza il rispetto delle regole, non ci può essere fiducia reciproca.
E mi dispiace, molto, che gli unici a battere caparbiamente su questo tasto, siano un politico atipico (forse per questo?) come Di Pietro ed un giornalista (purtroppo) atipico come Travaglio.

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4 novembre 2008

Perchè gli americani votano di martedì?

Diciamo innanzi tutto che gli americani votano il primo martedì dopo il primo lunedì di novembre.
Novembre è stato scelto perchè sono finite le operazioni di raccolta agricola, e non è ancora iniziato il gelo.
Il primo martedì dopo il primo lunedì è stato scelto per evitare il primo giorno del mese, spesso dedicato ai rendiconto mensili. E per evitare il primo di novembre, giorno di festa per i cattolici (ognissanti).
La scelta del martedì risale al 1845, quando la maggior parte degli americani erano contadini. Il viaggio di andata e ritorno al seggio elettorale richiedeva spesso tre giorni: andata, riposo del cavallo, ritorno. E non si voleva che le operazioni di voto andassero in conflitto con le funzioni religiose del weekend. Eliminare quindi i giorni di lunedì, giovedì e venerdi. Il mercoledì è giorno di mercato, resta quindi il voto di martedì.

Ulteriori dettagli, per chi capisce l'inglese, nei link qui sotto:

http://www.thedenverchannel.com/politics/10255320/detail.html

http://usgovinfo.about.com/od/thepoliticalsystem/a/whenwevote.htm

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