Un treno per Auschwitz
Ieri sera al Liceo di Cassano d'Adda è stata organizzata una proiezione nell'ambito delle celebrazioni della Giornata della Memoria. Il film proiettato è stato "Un treno per Auschwitz", un documentario interessantissimo sul viaggio che alcuni studenti e professori hanno fatto in quel posto tremendo. Il documentario racconta l'orrore del campo di concentramento visto attraverso gli occhi degli studenti, al momento della partenza, durante il viaggio, sul posto ed al ritorno.
Si possono vedere questi ragazzi cambiare, diventare di momento in momento più partecipi. Carlo Lucarelli accompagna i ragazzi, e li aiuta a meglio mettere a fuoco le loro sensazioni.
Ogni anno queste commemorazioni scatenano delle domande che non sono rituali: "come è stato possibile?". Lo diciamo come se si trattasse di un evento eccezionale, e tutto sommato lo è stato, ma solo nei numeri. Nell'orrore dell'approccio industriale, dello sterminio a ciclo continuo. Ma temo che il germe che ha portato a questa follia collettiva sia in realtà in mezzo a noi, ogni giorno in mezzo a noi.
Lo riconosco nella indifferenza, anzi, nel fastidio con cui tanta gente intorno a noi guarda alla sofferenza di persone che sentono "diverse".
Qualche sera fa avevo a cena alcuni amici. Ed il discorso è scivolato sul conflitto israelo-palestinese. Alcuni di noi avevano posizioni contrastanti, faticose, non sapendo bene da che parte stare. Riconoscendo torti e ragioni da entrambe le parti. Uno di noi invece aveva le idee molto chiare: "Li devono sterminare tutti. I palestinesi sono dei bastardi, sono anni che fanno attentati e buttano razzi contro gli israeliani. Ora hanno eletto Hamas, l'hanno voluto loro, e paghino le conseguenze. E' giusto che gli israeliani li attacchino, e se dovessero anche ammazzarli tutti farebbero solo bene".
Certo, sono rimasto senza parole, senza fiato.
Ma quel che mi ha più colpito, soprattutto a ripensarci, è che ho capito cosa è successo in Germania negli anni 40. Ho capito com'è stato possibile che tanta "gente per bene" si sia trasformata in boia, torturatori, assassini. O, quanto meno, in complici silenziosi. E' bastato applicare questo piccolo orrore verbale, poco per volta, un grammo alla volta, addormentando le coscienze. E' bastato che gli ebrei venissero dipinti come l'elemento di disturbo, i responsabili di ogni disordine, di ogni fastidio. Non responsabili di qualcosa di particolarmente grave, no. Ma fastidiosi, si. E' bastato che una continua campagna di denigrazione attizzasse, poco per volta, l'irritazione della gente per bene. Una goccia oggi, una goccia domani. Attribuire loro responsabilità inesistenti. O sottolineare quelle esistenti. Penso che gli ebrei, come qualsiasi popolo o etnia, abbiano i loro ladri, i loro assassini, i loro truffatori. Qualcuno che sbaglia c'è anche da loro, immagino. Bene, basta prendere i misfatti di queste persone e sottolinearli, enfatizzarli. Non ci sarebbe neanche bisogno di inventare niente. C'è sempre la possibilità di enfatizzare a dovere quello che succede. E così, quando sono state promulgate le prime leggi razziali, in Germania, la gente deve aver pensato "Era ora! Ci hanno proprio rotto le scatole questi maledetti ebrei!". E poi sappiamo cos'è successo.
Non succederà più? Basta celebrare ogni anno la giornata della memoria?
Non lo so, non credo. Credo invece che succeda OGNI GIORNO. Certo, non con la teutonica efficienza di quei giorni tremendi. Niente più treni blindati, niente più campi di concentramento, niente più forni crematori. Quell'orrore, grazie al cielo, non si sta ripetendo. Manca per lo più la volontà di Ma vedo intorno a me gli stessi meccanismi di trasformazione dell'altro in oggetto, in problema, in fastidio. L'essere umano perde la sua sacralità, diventa cosa. Oggi, per quel che ne sappiamo, mancano i tentativi organizzati di eliminazione di un intero popolo. Anche se in posti come il Ruanda ci sono andati terribilmente vicino. Però l'indifferenza della gente di fronte alla sofferenza dei deboli è qualcosa di preparatorio. Il dramma degli ebrei in Germania si è appoggiato su questa indifferenza.
Ho sentito una vecchia registrazione di un deportato da Roma ad Auschwitz. Raccontava del viaggio in treno, da Fossoli (MO) ad Ora (BZ). Due giorni per fare 200km. Stipati in un carro bestiame, senza mangiare, ma soprattutto senza bere. Il treno si fermava in tutte le stazioni. Il treno sostava in banchina, vicino ad altri treni. I soldati controllavano l'accesso ai vagoni. Passaggeri salivano e scendevano dagli altri treni. I bambini piangevano, le mamme urlavano chiedendo acqua. I passeggeri passavano vicino a questo orrore, senza guardare, senza intervenire, senza protestare. Forse se fossero state pecore, mucche, cavalli, qualcuno sarebbe intervenuto. Invece neanche uno sguardo di pietà, di solidarietà. E, attenzione, parliamo di un viaggio di 200km in Italia, dalla provincia di Modena a quella di Bolzano. Erano italiani i fascisti che avevano arrestato e deportato questi sfortunati ebrei, erano italiani i passeggeri che sfioravano la tragedia rinchiusa in quei vagoni, senza nemmeno uno sguardo.
Ci sono mille teorie sulle ragioni che possono aver portato i tedeschi ad accettare questi eventi drammatici. Qualcuno dice che il popolo tedesco non sapeva. Altri fanno appello al carattere disciplinato dei tedeschi. Altri ricordano il martellamento della propaganda nazista che potrebbe aver fortemente condizionato la capacità di giudizio di quel popolo.
Penso che tutte queste spiegazioni possano avere avuto un qualche peso.
Eppure io penso che qualcosa rimanga da spiegare. Mi riferisco a quell'atteggiamento di fastidio verso tutto quanto viene ad alterare il nostro equilibrio. Fastidio verso il lavavetri, verso lo zingarello che chiede l'elemosina, verso i musulmani che pregano sul marciapiedi. Fastidio anche, in parte giustificato, verso gli immigrati che delinquono, che stuprano, che rubano. Fastidio che viene esteso, tout court, agli immigrati tutti. O ai musulmani tutti. E il fastidio diventa rifiuto. Diventa quello stato d'animo che, negli anni 30 e 40, fu la preparazione del silenzio, della complicità. I tedeschi hanno finto di non vedere, hanno preferito non vedere, non sapere. In fondo i nazisti li liberavano di un "fastidio". Ebrei, zingari, handicappati, omosessuali, comunisti. Tutta gentaglia fastidiosa, di cui nessuno avrebbe sentito la mancanza. E così i nazisti ebbero la mano libera, per sterminare milioni di gente fastidiosa.
Certo, possiamo trovare tutte le attenuanti possibili, e forse con qualche ragione. Ma non importa stabilire se i tedeschi siano o meno stati complici dei nazisti. Importa invece sapere quanta di quella indifferenza, quanta di quella vischiosa complicità, sia pronta nelle nostre case, nelle nostre strade. Cosa succederà, quando verrà un altro grande uomo? Quando la memoria degli anni 40 si sarà diluita, quando saranno scomparsi tutti coloro che hanno vissuto quel periodo. Quando la gente sarà infastidita da questi insignificanti giorni della memoria? Cosa impedirà il ripetersi di tutto?
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