La politica è morta?
Mi dibatto spesso, ultimamente, nel tentativo di trovare il pensiero illuminante, la definizione finale, la frase o il pensiero che mi permetta di definire cosa è la destra, in cosa si differenzia dalla sinistra, perché è insensato il tentativo di chi dice che destra e sinistra sono vecchi arnesi arrugginiti del secolo scorso.
In questo periodo, spesso e volentieri sento ripetere questo concetto: "non ha più senso parlare di destra e di sinistra. Dobbiamo fare un passo in avanti, lasciarci alle spalle questi concetti vecchi, legati alle ideologie del secolo scorso, che hanno fatto tanti danni, hanno causato milioni di morti, e non hanno migliorato di un grammo le nostre vite".
La teoria sarebbe affascinante, ma secondo me non sta in piedi.
Ne ho avuto la prova l'altra sera, mentre ero a cena con i miei più vecchi amici.
Siamo scivolati, come sempre, a parlar di politica. Si parlava dei bombardamenti israeliani sulla striscia di Gaza. Uno dei miei amici, spazientito, ha detto che si, facevano bene gli israeliani. Avrebbero dovuto bombardarli tutti, senza pietà, e cancellare il problema palestinese alla radice.
Abbiamo tentato, in due, di introdurre altri elementi nel discorso. Di spiegare la difficoltà di chi, nel corso della sua stessa vita, ha visto arrivare un popolo estraneo, e l'ha visto prendere possesso del proprio territorio. Di chi è nato da pochi anni in un posto senza speranza, senza lavoro, senza libertà di andare a scuola, all'ospedale, senza poter uscire dalla propria città per andare a coltivare i propri campi. Abbiamo tentato, senza riuscire, a spiegare anche le ragioni dell'altro.
Lui riusciva a vedere solo le giustissime ragioni di chi ha dovuto subire, per decenni, il terrorismo e le aggressioni di eserciti confinanti che negano il suo diritto all'esistenza. Accusando il popolo di non sapersi ribellare a governanti-terroristi.
Non voglio qui analizzare la questione palestinese, non ne avrei la capacità e la competenza. Ma quella serata mi ha lasciato la sensazione di una profonda incomunicabilità fra due diverse concezioni di percepire il mondo e i problemi della gente. In ogni conflitto si stabiliscono in maniera quasi automatica due posizioni.
Se si parla del conflitto arabo-israeliano, viene automatico schierarsi da una parte o dall'altra.
Se si parla della tragedia della thyssen, c'è chi si schiera automaticamente dalla parte dei lavoratori. E c'è chi invece, nonostante la drammaticità della situazione che sembra commentarsi da sola, riesce a trovare i motivi per mettersi dalla parte dei dirigenti industriali. A questo proposito, sul sito web del quotidiano ilGiornale, ho trovato commenti di chi diceva che "la colpa è dei sindacati che esercitano forti pressioni per impedire la chiusura delle aziende. I dirigenti, messi sotto pressione, sono costretti a tenere aperte le aziende risparmiando sulla sicurezza e sulla manutenzione". Giuro.
Per questo penso ormai che ci sia proprio una struttura mentale, che impedisce di vedere le ragioni dell'altro e che ci fa schierare a favore dell'una o dell'altra parte.
Io sono terrorizzato da questo meccanismo, perché non vorrei trovarmi, da sinistra, ad ignorare le ragioni dell'altro. Penso che questa incapacità rappresenti in ogni caso una sconfitta.
Ma ad ogni modo non rinuncio a schierarmi, politicamente, a favore dei più deboli, di quelli che fanno più fatica a vivere. Cercando di non perdere di vista le ragioni degli altri, che pure esistono.
Per questo non riesco ad accettare il discorso di chi vorrebbe abolire la stessa idea di questa differenza. Non è vero che destra e sinistra sono categorie obsolete. Non lo sono e non lo saranno finché ci saranno i forti e i deboli. Finché i più intelligenti e capaci o magari solo ricchi saranno in grado di organizzare il lavoro dei meno dotati, meno forti, o magari semplicemente più poveri.
Ci saranno sempre stratificazioni sociali. E i rapporti fra le stratificazioni sociali avranno sempre una componente conflittuale. E ci sarà sempre bisogno di una mediazione fra due parti, di un qualche meccanismo per comporre i conflitti. Vetero marxismo? Può darsi. Infatti penso che quegli strumenti di analisi siano ancora del tutto validi, e che varrebbe la pena di prendere gli scritti di allora e dargli una rispolverata.
Oggi, invece, c'è chi tenta di proporsi come soluzione ai problemi di tutti. Sono proprio coloro che ci raccontano che la destra e la sinistra sono concetti superati. Ci sono parti politiche che ci dicono "vota per me, io saprò prendermi cura delle tue esigenze, qualunque esse siano". Non è vero. Una parte politica può, certo, saper dare un impulso positivo alla nazione. Creando una ricchezza che ricade su tutti. Ma questo può essere vero solo in momenti di particolare difficoltà. Normalmente c'è bisogno di un rapporto dinamico, anche conflittuale, fra diverse e contrastanti esigenze. Gli interessi dei lavoratori non saranno mai gli stessi degli imprenditori. E nessuna delle due parti saprà calarsi così bene nelle vesti dell'altra parte, per capirne i profondi bisogni e farsene carico. Difficilmente l'imprenditore saprà capire i bisogni del lavoratore fino in fondo. Tenderà sempre a sottovalutarli e a sopravvalutare i propri. A volte esisterà proprio il problema di non riuscire a conoscere i bisogni dell'altro. I lavoratori, ad esempio, difficilmente potranno capire tutte le difficoltà di creare un'azienda, di gestirla, di doversi confrontare con le normative ingestibili, con le difficoltà di ogni tipo. L'imprenditore conosce tutte queste difficoltà, ma tende a sopravvalutarle e nel frattempo a sottovalutare le difficoltà di vita di chi deve tirare avanti la famiglia con 800-1000eu al mese. Non basta immaginare. Bisogna proprio provarci. O quanto meno vivere a diretto contatto con chi vive queste difficoltà, toccare con mano cosa significa non andare dal dentista per poter pagare i libri dei ragazzi, o fare la spesa al discount, dove si sa che la qualità del cibo è scarsa, perchè altrimenti non si tira la fine del mese. Chi vive in maniera agiata, senza problemi di sopravvivenza, non può calarsi nei panni dell'altro.
E non credo possa esistere una parte politica in grado di farsi carico dei problemi di entrambi. Anche perchè, banalmente, le parti politiche vivono, o dovrebbero vivere grazie al sostegno economico degli strati sociali che rappresentano. La destra, da sempre, rappresenta il mondo degli industriali, dei professionisti, di quelli che, con grande approssimazione, potremmo chiamare "i forti". Costoro, ovviamente, si aspettano dalla destra la difesa delle loro istanze.
Per la sinistra dovrebbe valere lo stesso concetto. La sinistra dovrebbe ricevere supporto e finanziamenti dai "deboli". Tipicamente dai lavoratori. E rappresentarne le istanze.
Vero è che tutto questo sta cambiando, nel senso che i lavoratori, come li intendevamo, stanno scomparendo. La terziarizzazione sta trasformando i lavoratori in padroncini, dando loro l'illusione di essere altrettanti piccoli industriali. Privandoli, in realtà, dei loro diritti, senza dar loro alcun vantaggio. E infatti assistiamo ad un momento di confusione in cui sono proprio i lavoratori a votare in buon numero per la destra. E' un momento di confusione di ruoli in cui la sinistra cerca di invadere il campo della destra, scalando le banche, stringendo strane alleanze con alcuni settori del mondo industriale. E in cui la destra si propone come paladina delle istanze dei ceti più deboli. A me pare che tutto questo generi una confusione in cui rischiamo di perdere la bussola delle appartenenze.