il trans
Nasce un bel maschietto, e tutti sono felici. Il papà lo guarda con orgoglio, pensando all'erede della sua forza, della sua mascolinità.
Ma il bimbo, crescendo, sembra seguire una strada diversa. Gioca con le bambine, con le bambole, con le pentoline. Non si interessa ai giochi violenti dei maschietti. Dimostra una sensibilità diversa, parla volentieri con la mamma, l'aiuta nelle faccende di casa.
Il papà guarda, non capisce, scuote la testa.
A scuola iniziano i primi problemi. I compagni di scuola, con istintiva cattiveria, lo isolano, lo picchiano, lo deridono. Lo chiamano femminuccia.
Lui preferisce stare con le bambine, le capisce e loro lo capiscono. Diventa il loro confidente preferito, il loro idolo. Ma questo accresce la separazione dal mondo dei maschietti.
Con il passare del tempo questa separazione diventa definitiva. E cresce il malessere. L'adolescenza, difficile per chiunque, per lui diventa un tormento. Non riesce ad identificarsi con l'immagine maschile, e sa di non essere femmina. Il rapporto con i genitori è sempre più complicato, soprattutto con il padre, che ancora cerca in lui il figlio maschio, l'erede della sua mascolinità.
Fa di tutto per conformarsi alle aspettative della società. Prova a seguire la stessa strada percorsa dai suoi coetanei. Non è difficile, per lui, trovare una ragazza. Ha con loro una facilità di rapporto che gli altri maschi non hanno mai avuto, neanche quelli più ricercati. Lui le ragazze le capisce, sa esattamente cosa sognano, cosa desiderano. Ha un successo immediato, ma che lo lascia indifferente. Capisce che il suo rapporto con le ragazze è di tipo diverso, più che altro una affinità. Capisce, finalmente e con fatica, e con dolore, di nascondere una donna dentro di se. Una donna che non sa come far emergere. Inizia ad indossare vestiti femminili, di nascosto. Ma capisce che non è quella la soluzione. Capisce che non sarà mai una donna, e la disperazione diventa la sua compagna. Tenta, spesso, di dimenticare questa sua parte femminile, di ucciderla. Butta via tutti i vestiti e gli accessori femminili che ha accumulato in qualche posto segreto. Si fidanza, forse si sposa, forse mette al mondo figli. Ma l'ossessione femminile torna e torna e torna. Si vergogna, si nasconde. Ma si traveste, esce di notte, di nascosto. Finchè decide di farla finita. Qualcuno si uccide. Altri invece decidono di porre fine solo alla loro parte maschile. E diventano donne. Qualcuno inizia ad andare vestita da donna al lavoro. Qualcuno decide di iniziare il lungo viaggio, chiamato "transizione". Un viaggio allucinante, fra ormoni, interventi chirurgici, terapie psicologiche, esami dei giudici e dei medici.
Qualcuno decide di restare a metà del guado, maschio e femmina, ne maschio ne femmina. Molti, in queste condizioni complicate, non trovano lavoro. In un mondo in cui il lavoro per i giovani sta diventando un miraggio, chi darebbe lavoro ad un uomo/donna, nè uomo nè donna? Alcuni, molti, scelgono la strada della prostituzione.
La transizione vuol dire perdere molti degli amici. Per qualcuno significa perdere la famiglia.
Sul piano sentimentale e sessuale le cose non sono più semplici. I ragazzi, gli uomini la cercano, ma sempre di nascosto. Nessuno è disposto a farsi vedere in giro con un uomo/donna. Nessuno è disposto a presentarsi ai genitori, alla famiglia, con un uomo/donna per fidanzata. E poi il sesso. Lei vorrebbe essere donna, 100% donna. Vorrebbe dimenticare quella parte ancora maschile, quell'ingombro fra le gambe che le impedisce di esprimere completamente la sua natura femminile. E invece gli uomini sembrano essere attratti proprio da quella parte. Ogni incontro con un uomo rischia di diventare un incubo. All'inizio lui è gentile, seducente. Poi, di colpo, si trasforma in una femminuccia, pronto a chiedere alla sua "donna" di tornare ad essere uomo.
E lei viene vede infrangersi il suo sogno femminile. Viene ricondotta, ricacciata nella gabbia della sua condizione maschile.
Due sono le gabbie da cui tenta sempre di uscire, e in cui viene ricacciata.
La gabbia della mascolinità, e quella della prostituzione.
Non importa che lavoro faccia, non importa se sia brava o no, se abbia studiato o no. E' "un trans", e quindi maschio, e quindi prostituta.
E non importa quanto abbia sofferto per raggiungere una plausibile femminilità. NOn sarà mai, almeno, "una" trans. No, sarà sempre e comunque "un trans".
Pensiamoci, quando parliamo di queste persone la cui vita è incredibilmente più difficile della nostra. Pensiamoci. Mostriamo un minimo di rispetto. Chiamole almeno al femminile. Diciamo sempre UNA TRANS.
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