Ci piace generalizzare. Iniziamo da bambini, perchè a quell'età è facile pensare che il mondo si divida in buoni e cattivi. Le favole non lasciano spazio a mezze misure. La strega non è mai buona, il principe mai cattivo.
Poi si cresce, ma la gioventù è quasi sempre maninchea. Anche in questo caso niente mezze misure. Ci si appassiona alla squadra di calcio, alla parte politica. E sempre pensiamo che la nostra squadra di calcio sia la migliore e che gli "altri" non abbiano valore. Lo stesso succede per la parte politica di cui ci siamo innamorati. E' bello, è facile ed è confortante pensare che noi siamo dalla parte giusta, e che gli altri sbagliano. Non solo: noi siamo tutti onesti, ragionevoli, aperti. Gli altri no, certo che no! Gli altri sono arroganti, supponenti, spesso in malafede.
Una voce dentro di noi a volte ci dice che non è proprio così. Che gli imbecilli e i disonesti sono da entrambe le parti. Ma è davvero una voce lontana, persa sullo sfondo. In realtà facciamo di tutto con noi stessi, prima ancora che con gli altri, per convincerci che si, forse qualcuno dalla nostra parte non ha proprio tutte le carte in regola. Ma la gran parte dei "nostri" sono brave persone e la gran parte degli altri sono invece gentaglia.
Tutto questo ci crea un ambiente confortevole, un luogo sicuro in cui rifugiarci.
Il "gruppo", sia esso politico, culturale, sportivo o di qualsiasi altra natura, è un rifugio che ci regala un'identità e ci consente di non pensare troppo, di non metterci troppo in discussione.
Ma per comodo che sia, questo atteggiamento ci impedisce di accorgerci che c'è vita anche dall'altra parte. E che la probabilità di incontrare l'imbecille quotidiano è altissima anche dalla nostra parte.
Ci piacerebbe poter restare nel nostro comodo, caldo rifugio identitario. Ci piacerebbe pensare di essere, per definizione, la parte giusta. Noi siamo i buoni, gli onesti. Quelli che hanno capito. Se qualcuno sbaglia, dalla nostra parte, è un caso, una mela marcia, non fa storia.
La realtà è ben diversa. La realtà è che spesso non esiste "la parte giusta". Se si escludono i casi eclatanti di regimi persecutori, (penso all'URSS, alla Germania nazista, alle tante dittature di destra e di sinistra), nella grande maggioranza dei casi la parte giusta è un concetto sfuggente, perchè per ogni questione ci sono due punti di vista, entrambi con torti e ragioni. E la politica è la difficile arte della mediazione fra le due ragioni e della limitazione dei due torti.
Accettare questa realtà significa uscire dal proprio comodo rifugio, e valutare caso per caso. A volte potremmo avere ragione noi, a volte loro. Il più delle volte la ragione ed il torto saranno da entrambe le parti. Questa situazione è difficile, faticosa. Valutare caso per caso significa informarsi, leggere, parlare con "gli altri", soprattutto ascolare "gli altri". E' difficile, tremendamente difficile, ascoltare "gli altri". Per anni li abbiamo considerati dalla parte del male. Ascoltare quel che dicono, con la mente realmente aperta e ricettiva, è davvero difficile.
Ed è difficile superare l'idea che, se anche il nostro interlocutore potesse in questo caso avere ragione, non possiamo cedere neanche di un millimetro, altrimenti certamente se ne approfitterebbe. Siamo insomma convinti di essere in trincea. E di dover difendere ogni millimetro del nostro territorio, anche a costo di negare l'evidenza, anche a costo di ignorare le ragioni degli altri.